Omelia (15-04-2007)
don Roberto Rossi
Non è facile credere, ma è bello

La risurrezione di Gesù e l'attesa della nostra risurrezione sono tutto l'annuncio dei primi cristiani. Sono la fede, l'annuncio e la testimonianza anche di noi cristiani di oggi. Questa spiega la serenità dei primi cristiani e anche la semplicità e la povertà della Chiesa primitiva: infatti chi attende, non si appesantisce con ricchezze che non contano. Ma non fu facile - neppure per i primi cristiani - credere nella Risurrezione. Lo dimostra il vangelo di oggi: gli apostoli nel giorno di Pasqua stavano ben chiusi nel Cenacolo e avevano tanta paura per quanto era accaduto a Gesù e forse erano rammaricati per il fatto di essersi trovati legati alla Sua vicenda. Eppure Gesù era già risorto, la notizia era già arrivata: ma per gli apostoli ancora non era Pasqua. Questo ci fa pensare: la Pasqua va accolta; alla Pasqua bisogna arrivarci camminando nella fede. Quante volte forse anche noi non siamo ancora nella Pasqua!
Osserviamo come Gesù si rivela agli apostoli. Egli si rivela mentre augura la pace, la sua pace. Esistono tante specie di pace: la pace finta, la pace delle proprie soddisfazioni, la pace legata alla stima del prossimo. Tutte queste forme di pace sono deboli e precarie: se la nostra pace dipende dagli altri, gli altri possono riprendersela. Se la nostra pace dipende da Dio, essa rimane e resiste: perché Dio è fedele. Questo spiega la pace dei santi, dei martiri, dei veri credenti: gente provata come noi, gente segnata dalla croce e dalla malattia come noi, gente esposta ai colpi della cattiveria degli altri come noi: eppure i santi sono persone che non perdono la pace. Perché? Perché la loro pace è Dio.
Nel giorno di Pasqua Gesù indica anche la via della pace del cuore. Dà agli apostoli un ordine e un potere: "A chi rimetterete i peccati saranno rimessi...."
Mi colpisce sempre il fatto che Gesù ha istituito il sacramento della riconciliazione nel giorno della festa e della gioia più grande. Come deve cambiare allora il nostro concetto di confessione! Noi la sentiamo come una cosa difficile, triste, severa; sentiamo più il peso dei peccati che la tenerezza di Dio. Dobbiamo imparare a viverla e ad accoglierla come la grazia e la gioia vera della Pasqua: e allora porterà frutto, perché ci uniremo sempre più a Gesù e la potenza della sua resurrezione un po' alla volta vincerà il male in noi e attorno a noi. Deve essere sempre dolce e consolante, umile fervoroso il nostro sacramento della confessione. La Chiesa non è la comunità dei perfetti che non peccano mai: non è questa la vera immagine di Chiesa. La Chiesa è cosciente della debolezza dei suoi figli. Ma proprio a questa Chiesa formata da povera gente, sacerdoti e laici, Gesù dice: "Come il Padre ha mandato me, così io mando voi..." Eppure nel Cenacolo c'era il posto vuoto di Giuda; Pietro aveva ancora gli occhi umidi per le lacrime versate dopo il tradimento, tutti gli altri erano dispiaciuti perché lo avevano abbandonato...: ma Dio non ha paura della povertà degli uomini, perché Lui è venuto a redimerla, è venuto proprio per togliere i peccati, è venuto per darci la vera gioia di essere figli di Dio e la dignità di essere collaboratori del suo regno.
La Chiesa è la comunità dei peccatori che continuamente si pentono, continuamente si convertono e continuamente si perdonano; comunità di gente che continuamente rinnova il proprio impegno di portare il vangelo e l'amore del Signore a tutti, in ogni occasione e situazione. "Andate a dire che è Risorto...!"
Ma per essere disponibili a chiedere perdono e a dare perdono è necessaria tanta umiltà: l'umiltà è la via della pace. Tommaso certamente non brillava per l'umiltà. Egli non credette alle parole degli apostoli: la sua diffidenza aveva certamente una radice di presunzione e forse anche di stizza per aver perso un appuntamento con il Signore. Gesù gli va in contro e gli presenta il segno dei chiodi. Bellissimo gesto, che mette in crisi l'orgoglio dell'apostolo. Gli bastano poche parole ed egli è già in ginocchio per dire la sua fede nella Risurrezione: "Mio Signore e mio Dio". Sono molto belle e molto chiare le parole di Gesù: "Vieni qui, metti il tuo dito nei segni dei chiodi, la tua mano nel costato e non essere più incredulo, ma credente".
Oggi tanta gente forse assomiglia a Tommaso, fa fatica a credere, si lascia confondere dai propri istinti o dalla mentalità mondana e noi ne soffriamo: vorremmo che Gesù venisse a toglierci dalle difficoltà, presentando i segni dei Suoi chiodi agli increduli di oggi. Invece no. Gesù ha lasciato noi: Egli vuole che la sua Resurrezione si veda attraverso la nostra vita, la nostra fede, le nostre opere, "i nostri chiodi".
Allora possiamo chiederci: cerchiamo di impegnarci in questo senso? Che argomenti offriamo noi per aiutare gli altri a credere? La fede ha bisogno di testimonianza, la fede ha bisogno di esempi. Noi siamo un esempio per aiutare e incoraggiare chi cerca il Signore? Rinnoviamo la grazia della Pasqua: contempliamo il volto di Gesù Risorto, accogliamo la sua pace, il dono della riconciliazione, imploriamo una fede grande ("non essere più incredulo, ma credente"), impegniamoci nelle opere buone della vita cristiana, per aiutare tanti altri nel cammino del dubbio e della fede.