Omelia (22-04-2007) |
don Remigio Menegatti |
Ti esalto, Signore, perché mi hai liberato (295) Per comprendere la Parola di Dio alcune sottolineature La prima lettura (At 5, 27b-32.40b-41) riporta il discorso in cui Pietro parla della risurrezione di Gesù e del ruolo di testimoni che gli apostoli hanno assunto, sostenuti dalla forza dello Spirito. Le affermazioni di Simone nascono come risposta dall'accusa di non rispettare il divieto imposto dalle autorità ebraiche per fermare la diffusione dell'annuncio della risurrezione. Pietro spiega che gli apostoli preferiscono obbedire a Dio – e quindi annunciare Gesù risorto - piuttosto che sottostare ai divieti degli uomini. Il vangelo (Gv 21, 1-19) racconta un'altra apparizione di Gesù, la terza secondo Giovanni. Al mattino presto, sulle rive del lago di Galilea, dopo una notte di inutile fatica gli apostoli non riconoscono Gesù nella persona che li invita a gettare nuovamente le reti. Davanti all'abbondanza di pesce, il "discepolo che Gesù amava" riconosce lo nello sconosciuto che aveva dato l'ordine per la pesca. Il Risorto prepara poi con del pesce e del pane un semplice pasto e chiede a Simon Pietro di confermare il suo amore per lui. Come risposta Gesù rinnova al pescatore – divenuto già da tempo "pescatore di uomini" l'incarico di pastore del suo gregge, annunciandogli insieme il martirio con cui avrebbe dato gloria a Dio. Salmo 29 Signore Dio mio, a te ho gridato e mi hai guarito. Signore, mi hai fatto risalire dagli inferi, mi hai dato vita perché non scendessi nella tomba. Cantate inni al Signore, o suoi fedeli, rendete grazie al suo santo nome, perché la sua collera dura un istante, la sua bontà per tutta la vita. Alla sera sopraggiunge il pianto e al mattino, ecco la gioia. Ascolta, Signore, abbi misericordia, Signore, vieni in mio aiuto. Hai mutato il mio lamento in danza, Signore, mio Dio, ti loderò per sempre. Il salmo richiama ed evidenzia i diversi atteggiamenti dell'uomo che si relazione con Dio. Si inizia con una preghiera di ringraziamento per il beneficio ricevuto in seguito all'implorazione: "a te ho gridato e mi hai guarito". Forse si tratta di una malattia mortale, superata grazie all'intervento di Dio – "mi hai dato vita perché non scendessi nella tomba". Dal lamento si passa alla danza, per esprimere la gioia nel verificare la fedeltà di Dio, che sempre ascolta chi lo invoca con fede. Il secondo passaggio: l'esperienza personale dell'aiuto divino si apre all'invito pubblico a lodare il Signore, condividendo così con altri la gioia per la liberazione che trasforma il pianto nella gioia. Il terzo atteggiamento richiama una rinnovata invocazione con cui si chiede a Dio di usare misericordia, e di venire in aiuto a quanti lo invocano. L'invocazione finale si fonda sull'esperienza di un precedente dono: il lamento si è trasformato in danza, altra possibilità per lodare il Signore per sempre. Un commento per ragazzi I nostri ricordi sono legati ad immagini che con il tempo si sono impresse nella nostra mente; ma può trattarsi anche di suoni che quando vengono rievocati risvegliano particolari eventi. Altre volte si tratta semplicemente di profumi, o comunque odori, che associamo a luoghi, persone, sensazioni...In qualche caso ci limitiamo a richiamare fatti vissuti senza vivere particolare emozioni, come si trattasse di dati privi di particolare valore, semplicemente immagazzinati, ma senza alcuna convinzione. Altre volte invece ciò che affiora alla nostra memoria ci investe fortemente, risvegliando sensazioni e sentimenti tali da lasciarci stupiti tanto è grande la loro intensità. Nella vita di ciascuno ci sono esperienze che consideriamo fondamentali, come pietre miliari che segnano per sempre la nostra esistenza. Sono punti di non ritorno che imprimono alla vita un direzione da cui non è possibile allontanarsi tanto facilmente. Forse anche l'odore del mare, il profumo del pesce, la sensazione della rete che scorre tra le ruvide mani, quando viene issata sulla barca. Come pure lo sforzo che può maturare improvvisamente nella gioia per una pesca abbondante, oppure sfiorire nella delusione per la nottata buttata via. Tutto questo faceva parte della storia di Pietro e dei suoi amici, anche loro pescatori. D'altra parte, non erano "pescatori della domenica", dilettanti che coltivavano un simpatico hobby nel tempo libero. Il mare – in realtà si tratta di un lago interno anche se a volte pericolo – era la loro vita; da anni costituiva unica fonte di sopravvivenza per la loro famiglia. Continuava ad esserlo anche da quando era arrivato – circa tre anni prima – un certo Gesù, un falegname che li aveva promossi a "pescatori di uomini". Avevano già ascoltato un falegname che insegnava a pescare, proprio a loro che erano cresciuti nella barca dei loro genitori, mentre lui, forse, aveva seguito il lavoro della pesca solamente dalla riva. L'avevano ascoltato come l'altra volta; anche adesso avevano realizzato una pesca memorabile. Allora si era chiusa con la richiesta di Simone – non si chiamava ancora Pietro – di allontanarsi da lui, un peccatore. Adesso sulla barca c'erano ben 153 grossi pesci e benché fossero tanti, le reti avevano resistito. Ma non era neppure questo il nocciolo del ricordo di quel giorno. Ben più forte della straordinaria pesca, erano apparse quelle tre domande, stranamente uguali, ripetute fino a mettere in crisi la sicura – almeno all'inizio – risposta di "Simone di Giovanni", come lo chiama ancora Gesù, quasi dimenticando che lui stesso, il Maestro, aveva scelto per Simone il nome di "pietra". Tre conferme, come tre erano state le smentite nella notte dell'arresto, quando il sicuro pescatore era stato interrogato da semplici persone che si scaldavano attorno al fuoco nel cortile della casa del sommo sacerdote (Gv 18, 15-18.25-27). Un momento forte, di cui Pietro si ricorda chiaramente quando di nuovo viene interrogato su Gesù – è sottolineato nella prima lettura di questa domenica –; ma in questo caso non ha paura, non rinnega. Dimostra anzi di essere finalmente quella roccia su cui Gesù ha fondato la comunità dei suoi discepoli. Neppure i colpi della frusta riescono a spegnere la certezza della fiducia che il suo Signore ha posto il lui. Arriverà a Roma, e donerà la vita per quel Maestro. Quali ricordi sono forti nella nostra vita di ragazzi che credono in Gesù? A quali fatti associamo certi significati forti, tali da sostenerci nei momenti difficili – e nessuno ci prende a colpi di frusta per farci tacere –? Di solito si dice: "la prima Comunione", oppure "la Cresima". Non so se sia per una coincidenza, ma assomigliano ai gesti vissuti d Pietro e dagli altri discepoli: il pasto che Gesù prepara sulla riva e la triplice domanda rivolta a "Simone di Giovanni" non ci richiamano proprio la celebrazione eucaristica – qualsiasi, non solo la prima! – e le domande che il Vescovo ci ha posto prima della crismazione: "Credi?". E noi, come Pietro, abbiamo risposto per tre volte "Credo" e abbiamo condiviso con Gesù il pasto. Non pane e pesce, ma il Corpo di Gesù, forza per la nostra testimonianza. Un suggerimento per la preghiera "Padre misericordioso" anche noi riconosciamo la fatica di essere testimoni di Gesù. Ti chiediamo quindi: "accresci in noi la luce della fede, perché nei segni sacramentali della Chiesa riconosciamo il tuo Figlio, che continua a manifestarsi ai suoi discepoli, e donaci il tuo Spirito, per proclamare davanti a tutti che Gesù è il Signore" e rendere testimonianza al tuo amore. |