Omelia (06-05-2007)
Casa di Preghiera San Biagio FMA


Dalla Parola del giorno
Io, Giovanni vidi un nuovo cielo e una nuova terra, perché il cielo e la terra di prima erano passati, e il mare non c'era più.

Come vivere questa Parola?
Ancora domina il clima pasquale. L'evangelista Giovanni che è anche autore dell'Apocalisse tocca in quel ventunesimo capitolo l'apice delle rivelazioni di cui ha parlato. Nei capitoli precedenti ha parlato del decadimento dell'umanità, di vendette e catastrofi, della pazienza dei santi e del contrapporsi di due regni sempre contrastanti tra loro: quello del Cristo e quello dell'anticristo. In questo capitolo ci parla dell'esito della storia che è storia di salvezza, quella storia penetrata e ormai trasfigurata. Si tratta di quella trasfigurazione che i Padri della Chiesa definirono "theosis" che significa divinizzazione. Il cristiano, da queste righe. e da tutto il capitolo conclusivo dell'Apocalisse, è chiamato a coltivare un cuore, una fede aperti a grandi esiti felici. Il bene ormai trionfa. Il binomio: "cielo e terra". nella terminologia perfino prebiblica sta a significare l'universo intero. E quell'espressione "il mare non c'era più" non significa che nel mondo nuovo non ci sarà più acqua, ma che le forze oscure e caotiche (di cui il mare è immagine nella Bibbia) scompaiono, vinte dal mistero di Cristo crocifisso e risorto. È finalmente la vittoria, in assoluto, del bene sul male: del giusto sull'ingiusto, del vero sulla menzogna, della bellezza su ogni lordura, dell'intramontabile GIOIA sul dolore e sul pianto. "NUOVO" per l'autore dell'Apocalisse, significa tutto questo. E ben si ricollega con quanto dicono altri testi sulla splendida novità di Cristo. Essi dicono una novità in cui già possiamo accedere, almeno in una certa misura, se viviamo insieme con Lui e secondo i suoi insegnamenti.

Nella mia pausa contemplativa, oggi, mi ritaglio un tempo tranquillo per ringraziare il Signore dell'Alleanza Nuova: quella siglata dal sangue del mistero pasquale. E lascerò penetrare in me quella parola di Paolo: "quello che conta è essere nuova creatura" (Gal 6,15).

Sì, mio Signore, fammi vivere in Te, come il tralcio nella vite e fammi nuovo nel pensare pensieri di bontà, di perdono e di pace, fammi nuovo nel cuore pervaso da magnanimità, gratuità, attenzione ai bisogni dell'altro. Fammi rivestire l'uomo nuovo che sei tu e i dettami del tuo vangelo.

La voce di un missionario comboniano
Gli esegeti identificano senza eccezione il mare con le forze del male; nella realtà nuova intravista da Giovanni, dunque, non vi sarà più posto per il male in tutte le sue manifestazioni né per coloro che pongono se stessi a servizio del male.
Giuseppe Cavallini