Omelia (07-05-2007)
mons. Vincenzo Paglia
Commento Giovanni 14,21-26

Questo brano evangelico si situa nel discorso di commiato di Gesù dai suoi discepoli. Alla conclusione del lungo periodo vissuto con essi, il Signore si rende conto che è un distacco difficile e doloroso, e per questo parla della pace che lascia loro in eredità. Non una pace qualunque, ma quella che lui stesso vive e che nasca dalla certezza di non essere soli, dalla fiducia di non veder mai mancare il sostegno e la consolazione di un Dio che per primo è venuto incontro agli uomini. "Vado e tornerò da voi" dice Gesù. Sentiamo parole contraddittorie, eppure l'ascesa al cielo per stare col Padre significa che il Signore resterà più vicino a tutti gli uomini, ovunque essi siano; i discepoli si disperderanno per annunciare il Vangelo in tutti gli angoli della terra ed egli starà con loro. L'allontanarsi di Gesù non è frutto di una mancanza di amore ma di un amore più grande, proprio perché "bisogna che il mondo sappia che io amo il Padre e faccio quello che il Padre mi ha comandato". L'obbedienza al Padre è il segno dell'umile accettazione di far parte del disegno di amore di Dio che supero ogni nostra capacità e che rende capaci di sentimenti e azioni grandi e vere.