GIOVEDI
SANTO
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1 -
Preparare
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2 -
Celebrare
- Riti di introduzione
- Liturgia della Parola
- Lavanda dei piedi
- Liturgia eucaristica
- Reposizione del santissimo sacramento
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1 - Preparare
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Per la particolare
fisionomia e atmosfera rituale del triduo,
il suono dell'organo, e di altri strumenti
musicali solisti, non è consentito.
È sempre permesso nel caso che si
limiti ad accompagnare e sostenere il
canto del popolo e del coro.
Ministri necessari:
- quattro lettori,
- cinque chierichetti (croce, due ceri,
turibolo e incenso),
- il coro,
- ragazzi per la lavanda dei piedi
(dodici).
Cose da
predisporre:
In sacrestia:
evangeliario, candelieri, due turiboli e
navicella con incenso; vesti per i
ministranti e i ministri.
Nella navata: su una
mensa, pisside con particole bastanti per
stasera e il giorno seguente,
venerdì santo; patena con le ostie,
ampolle con vino e acqua.
All'ambone: lezionario
domenicale e festivo, aperto. Per la
lavanda dei piedi, in presbiterio o in
chiesa: dodici sedie,grembiule per il
celebrante, brocca d'acqua tiepida, catino
vuoto, asciugatoio.
Nella cappella
dell'adorazione: apparato sobrio di
addobbi, lampade e fiori; almeno sei ceri
bianchi sull'altare, ai lati del
tabernacolo aperto con chiave e corporale
interno.
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2 - Celebrare
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Riti di
introduzione
È interessante
per questa sera cercare un'ambientazione e
una distribuzione degli spazi e dei posti
che promuova una concezione più
conviviale dell'eucaristia.
Si curerà anche
che i dodici ragazzi possano seguire e
partecipare senza distrarsi e con un
catechista che si occupi di loro.
Dopo un saluto
particolarmente cordiale, o anche prima
del canto di inizio, se ciò sembra
opportuno, il celebrante può fare
una monizione introduttiva di questo
tenore:
Fratelli e
sorelle, iniziamo adesso la messa
vespertina, proprio nell'anniversario
della cena del Signore; l'ultima per
lui, prima della sua morte. Così
noi diamo avvio alla nostra unica
grande festa, il solenne triduo
pasquale della passione, della morte e
della risurrezione del Signore. In
questa celebrazione faremo memoria
dell'istituzione del sacrificio
eucaristico da parte di Gesù
come dono della sua presenza, come
sacramento della nostra unità,
come vincolo di carità.
Si canta il Gloria
(solenne). Durante il canto si suonano le
campane; terminato il canto, non si
suoneranno più fino alla veglia
pasquale.
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Liturgia della
Parola
Prima lettura (Es
12,1-8.12-14)
Seguiamo attentamente
ciò che ci dice la Sacra Scrittura.
La prima lettura racconta come
iniziò la tradizione del banchetto
dell'agnello pasquale: era il segno
memoriale del passaggio (chiamato pasqua)
dalla schiavitù alla
libertà, per l'antico Israele
salvato dal Dio che si rivelò come
unico Signore.
Salmo responsoriale: si
può cantare "Il calice della
salvezza" (Sal 115: LP 200-201), oppure
"Il calice della benedizione" (LD
602).
Seconda lettura
(lCor 11,23-26)
La seconda lettura
riporta un prezioso testo paolino: la
trasmissione del racconto e del gesto
della cena del Signore. Il vero agnello
sacrificato non è quello della
pasqua ebraica, ma Gesù immolato e
fattosi cibo per noi. Lui ci permette di
stipulare con Dio l'alleanza definitiva di
amore.
Acclamazione al
vangelo: "Vi do un comandamento nuov0" (LD
603), oppure "Amatevi" (CP 101; LP
89).
Vangelo (Gv
13,1-15)
Il vangelo narra un
fatto inatteso: Gesù lava i piedi
dei suoi discepoli. Questo gesto che
suscita reazioni diverse negli amici,
esprime, sotto altra forma, la stessa
sostanza che ci viene donata nel pane e
nel vino consacrati: è la
condivisione spinta fino all'immolazione
totale per amore delle persone
amate.
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Lavanda dei
piedi
Dopo l'omelia ha luogo
la lavanda dei piedi.
Il sacerdote si porta
davanti ai dodici ragazzi designati e con
l'aiuto dei catechisti e delle sorelle
versa dell'acqua sui piedi e li asciuga.
Prima del rito il
commentatore o lo stesso celebrante
può formulare una monizione:
Stiamo per
fare un gesto singolare, che sorprese
gli stessi apostoli, quando Gesù
volle proporlo. Lavare i piedi era (ed
è ancora) il gesto della
servitù, che non si ha il
coraggio di compiere e di chiedere;
stasera esso assume il senso evidente e
concreto di un umile e pratico amore al
fratello, senza esitazione di fronte
alla necessità di chinarsi, di
umiliarsi, di servire. Impariamo
così la sensibilità e la
disponibilità stessa di
Gesù per noi, e traduciamole per
gli altri nei segni quotidiani della
nostra esistenza. Non c'è
eucaristia senza vera
fraternità.
Durante il rito si
cantano alcune antifone, scelte fra quelle
proposte nel MR 136-137 e tratte da Gv 13
e da lCor 13,13, altri canti adatti alla
circostanza, ad esempio: "Com'è
bello" (CP105; LP 88), "Un comandamento
nuovo" (CP 520; LP 91).
Subito dopo la lavanda
dei piedi si dice la preghiera universale,
con le intenzioni proposte dall'orazionale
39.
Non si dice il
Credo.
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Liturgia
eucaristica
All'inizio della
liturgia eucaristica i ragazzi di IV che
non hanno fatto la lavanda portano, per i
poveri, i doni e le offerte, per la messa.
Mentre si svolge la processione, si esegue
il canto "Dov'è carità e
amore".
Si disponga in questo
momento la raccolta delle offerte in
denaro, mediante appositi ministri che
passano tra i fedeli.
Si valorizzi con il
canto il bel prefazio che ringrazia per
"l'eucaristia quale memoriale del
sacrificio di Cristo" (MR 139) ; nel
canone romano e nelle preghiere
eucaristiche II e III si fa il ricordo
proprio della messa vespertina (MR
140-143).
Anche il canto della
dossologia e del Padre nostro, come la
resa espressiva del gesto della frazione
del pane accompagnato dal canto
dell'Agnello, fanno parte degli elementi
opportuni da far risaltare.
Al "Mistero della
fede", si risponda con l'acclamazione:
"Ogni volta che mangiamo...".
Bisogna curare in modo
preciso la processione di comunione e
anche il modo di accostarsi ad essa da
parte dei fedeli piccoli e grandi. Per
questo, prima di iniziare la
distribuzione, si può ricordare a
tutti l'atteggiamento corretto, la
risposta dell'Amen, il modo di tornare al
proprio posto e di raccogliersi in
adorazione.
Durante la comunione si
possono cantare i canti con tematica
eucaristica più spiccata.
Terminata la
distribuzione della comunione, si lascia
sull'altare la pisside con le particole
per la comunione del giorno seguente. La
messa si conclude con l'orazione dopo la
comunione. Dopo di questa, il celebrante o
il commentatore può fare questa
monizione:
Il pane
consacrato in questa cena del Signore
viene ora portato all'altare della
reposizione e ivi conservato per la
nostra comunione di domani. Prima di
darci appuntamento per la celebrazione
di domani pomeriggio, seguiamo,
cantando, la processione e poi sostiamo
in veglia di adorazione presso
l'altare, lodando Dio Padre,
ringraziando il Figlio, chiedendo lo
Spirito Santo. Gustiamo cosi il dono
dell'eucaristia che è la
presenza e la forza viva di Dio in
mezzo a noi.
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Reposizione del
santissimo sacramento
Dopo l'orazione, mentre
nel mezzo del presbiterio si preparano i
ministranti, per accompagnare il sacerdote
mentre reca la pisside, questi, in piedi
dinanzi all'altare, pone l'incenso nel
turibolo, si inginocchia e incensa per tre
volte il santissimo sacramento; quindi,
indossato il velo omerale, prende la
pisside e la ricopre con il velo.
Si forma poi la
processione che, attraverso la chiesa,
accompagna il santissimo sacramento al
luogo della reposizione, preparato in una
cappella convenientemente ornata, ma con
la severità e l'essenzialità
che si conviene alla liturgia di questi
giorni (PCFP 54-55).
Apre la processione il
crocifero; seguono i ceroferari e
l'incenso, quindi i dodici bambini.
Intanto si canta l'inno Pange lingua
(eccetto le ultime due strofe) o un altro
canto eucaristico, ad esempio: CP 192,
166, 67; LP 109-114; LD 276277.
Giunta la processione
alla cappella o luogo della reposizione,
il sacerdote depone la pisside entro il
tabernacolo aperto; quindi depone il velo,
pone l'incenso nel turibolo e, in
ginocchio, incensa il santissimo
sacramento, mentre si canta il Tantum ergo
sacramentum (più precisamente al
Laus et jubilatio). Chiude poi il
tabernacolo o la custodia della
reposizione.
Dopo alcuni istanti di
adorazione in silenzio, il sacerdote e i
ministri si alzano, genuflettono sempre
con un solo ginocchio e ritornano in
sacrestia in questo ordine: turiferari,
croce e ceri, ministranti, diacono e
sacerdote.
Precedentemente si
sarà ricordato ai fedeli di
dedicare un po' di tempo della notte
all'adorazione, davanti al santissimo
sacramento nel tabernacolo della
reposizione, ricordando il lamento del
Signore: "Non siete stati capaci di
vegliare un'ora sola con me? Vegliate e
pregate... (Mt 26,40).
L'adorazione si protrae
fino alla mezzanotte e anche oltre;
l'adorazione solenne termina con lo
spegnimento dei ceri dell'altare della
reposizione; si lascia accesa una sola
lampada sino alla liturgia del
venerdì santo.
Spogliazione
dell'altare
Al ritorno in sacrestia
segue (o precede, se lo si fa lungo il
tragitto dalla cappella alla sacrestia) la
spogliazione dell'altare maggiore e degli
altari minori: due ministranti aiutano il
sacerdote a levare tovaglie, tappeti,
croce e candelieri. Dove è
possibile, si rimuovano le croci dalla
chiesa; quelle che rimangono in chiesa,
è bene velarle. Si tolga pure
l'acqua benedetta dalle pile (PCFP
57).
È il gesto
rituale che esprime l'angoscia, la
solitudine, l'umiliazione di Gesù
nella sua umanità in agonia; la
comunità si unisce nel silenzio e
nella calma e severa contemplazione al suo
Signore, privandosi della celebrazione
eucaristica fino alla veglia della
risurrezione.
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