IL MISTERO
PASQUALE
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1 - Il
mistero pasquale si attua nel tempo
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2 -
Attualizzazione del mistero pasquale nell'azione
liturgica
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3 - Il
centro: la veglia pasquale
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4 - Il triduo
pasquale
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1 - Il mistero pasquale si attua nel
tempo
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La vita dell'uomo si
svolge nel tempo. La percezione che l'uomo
ha della realtà, è misurata
dal tempo. L'uomo non riesce tuttavia a
"comprendere" l'intima natura del tempo
che rimane per lui una cosa misteriosa,
indefinibile, nella quale è
difficile distinguere chiaramente
l'elemento oggettivo dall'elemento
soggettivo.
Noi sappiamo
però dalla rivelazione che Dio, il
quale è al di fuori e al di sopra
del tempo, per incontrarsi con noi e per
salvarci ha agito nel tempo e attraverso
il tempo. Da questa azione di Dio nel
tempo, il tempo stesso è rimasto
come santificato, diventando mezzo del
nostro progressivo cammino verso l'unione
piena e definitiva con Dio. Ogni vita
umana e ogni parte della vita umana
diventa allora una tappa, un momento di
questo cammino.
Poichè la nostra
vita umana si compie nel tempo,
successivamente e progressivamente, lo
stesso si verifica anche per la nostra
vita nuova, ricevuta da Dio in
Cristo.
L'inizio di questa vita
nuova e il suo progressivo sviluppo fino
alla pienezza definitiva vengono designati
con il nome di "mistero pasquale". Il
mistero pasquale consiste infatti nel
passaggio da questo mondo, attraverso una
comunione di morte nell'obbedienza del
Figlio, verso un mondo nuovo, dominato
dallo Spirito, nella gloria della
risurrezione presso il Padre (cf Gv
13,1; Fil 2,6-11). Questo passaggio che si
è già compiuto in Cristo (e
in Maria), continua a realizzarsi per
tutte le altre membra del suo corpo
mistico. Esso sarà completo al
termine della storia, quando il Cristo
ritornerà nella gloria "per
giudicare i vivi e i morti".
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2 - Attualizzazione del mistero pasquale
nell'azione liturgica
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Ecco perchè
ciò che noi cristiani celebriamo
nell'azione liturgica non è un
semplice ricordo di un avvenimento
passato, ma la attualizzazione di un atto
salvifico che continua a influire anche
ora sulle membra del corpo di Cristo.
Nella celebrazione liturgica non si ha
dunque solamente un ricordo, ma anche una
presenza; come pure una anticipazione del
ritorno di Cristo: il chè significa
che, nel medesimo tempo, noi aspettiamo
questo ritorno e, partecipando alla pasqua
del Signore, noi contribuiamo alla sua
venuta.
Accenniamo ora al
problema del carattere reale delle feste e
delle celebrazioni cristiane: quando i
testi liturgici usano il termine "hodie",
vuol dire che oggi il gesto salvifico di
Cristo, rievocato nella festa, viene
realmente rinnovato?
Possiamo rispondere nel
modo seguente: tutta la nostra vita
cristiana - come si è appena detto
- realizza il nostro passaggio "da questo
mondo al Padre". Quando dunque noi
celebriamo la Pasqua (nei tre giorni del
triduo santo e nell'intero ciclo pasquale,
come pure ogni domenica e in ogni
sacramento), non celebriamo un
avvenimento passato, ma un fatto presente,
sempre attuale. Non è tuttavia
l'atto storico del passaggio di Cristo che
diventa presente, atto che è stato
compiuto una volta per sempre; ciò
che è attuale e avviene ora,
è il nostro passaggio di membra del
Cristo, passaggio che si compie ora sotto
l'influsso e la'azione attuale di
Gesù che è passato una volta
per sempre "da questo mondo al Padre" (Gv
13,1).
Quanto si
può affermare della celebrazione
pasquale non si può dire nel
medesimo modo delle altre feste, anche
se esse pure usano l'"hodie", se non
nella misura in cui queste sono momenti
particolari o aspetti del mistero
pasquale. Ad esempio il Natale. E' la
festa della nascita umana del Figlio di
Dio. Ebbene, mai nella sacra Scrittura
si afferma che noi dobbiamo partecipare
a questa nascita, così come
viene invece detto che dobbiamo
partecipare alla morte-risurrezione di
Cristo. Non è alla nascita umana
di Cristo, ma alla sua nascita divina
che noi veniamo associati.
Occorre ricordare
come, storicamente, la celebrazione
della iniziazione cristiana abbia dato
una dimensione di particolare
attualità alla commemorazione
annuale del mistero di morte e
risurrezione di Cristo che veniva
vissuto nel "passaggio" dei catecumeni
alla vita nuova.
Inoltre, l'adesione
interiore a questo "passaggio" del
Signore, non è semplice atto
individuale, ma un fatto universale,
ecclesiale, causato da un intervento
attuale di Cristo che agisce ora, oggi,
per mezzo dei gesti sacramentali della sua
Chiesa, per la trasformazione e la
risurrezione del mondo.
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3 - Il centro: la veglia pasquale
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a) Significato della
celebrazione
Finora abbiamo parlato
dell'attualità del mistero
pasquale. Vediamo ora come la liturgia, a
partire almeno dalla metà del
secondo secolo (e forse dalla fine della
stessa epoca apostolica) celebri questo
mistero.
Al centro sta la veglia
pasquale che celebra l'intera storia della
salvezza culminante nella morte e
risurrezione di Gesù. Questa veglia
comporta una celebrazione della parola
(più estesa che nelle messe
ordinarie), la celebrazione della
iniziazione cristiana e la celebrazione
eucaristica nella quale ha culmine lo
stesso rito di iniziazione vissuto dai
neofiti e rivissuto(mediante la
rinnovazione delle promesse battesimali)
da tutti i fedeli. Più tardi si
è sviluppato una celebrazione
introduttoria centrata sulla luce. La
celebrazione eucaristica di questa notte
è stata seguita, alle origini (e
più a lungo delle altre domeniche)
da un'agape con la quale veniva rotto il
digiuno e inaugurata la pentecoste
gioiosa.
Quando le
comunità cristiane diventarono
troppo numerose per la celebrazione di
un'agape generale nella chiesa, si
continuò a celebrare queste
agapi nelle case private, mentre solo i
presbiteri con le loro spose, le vedove
e le vergini, celebravano l'agape nella
chiesa.
(Sotto questa forma
si potrebbe ancora oggi dare vita ad
una prassi di gioiosa conclusione
familiare alla celebrazione
sacramentale della pasqua, a condizione
di poter ritrovare il senso spirituale
di questo pasto fraterno - v.
Comunità
Neocatecumenali).
Con i cinque elementi
enumerati, la veglia pasquale si presenta
come la più intensa celebrazione
del mistero pasquale nella sua
totalità. Il fatto di vegliare
tutta la notte significa che nella notte
di questa vita noi aspettiamo l'alba della
risurrezione (il ritorno di Cristo) che
già ci illumina nella fede
(celebrazione della luce). La celebrazione
della parola richiama, attraverso le varie
letture, tutta la storia della salvezza.
Con la celebrazione battesimale noi
riviviamo, e i neofiti inaugurano, la
partecipazione al mistero di morte e
risurrezione del Signore. Il tutto culmina
nella eucarestia, sacramento per
eccellenza della pasqua, che acquista in
questa notte una significatività e
una intensità maggiori. L'agape
può prolungare la celebrazione
eucaristica e come questa prefigura il
banchetto escatologico al quale il mistero
pasquale ci introduce (Lc 22,16-18)
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b) Pastorale
liturgica della veglia
pasquale
Affinchè la
celebrazione della veglia pasquale abbia
davvero significato occorre che
effettivamente la comunità vegli
almeno per una parte della notte, e che la
veglia pasquale non abbia l'apparenza di
una solita messa del sabato sera, solo un
po' più lunga del solito. Si
dovrebbe quindi dare inizio alla
celebrazione piuttosto tardi e non si
dovrebbe avere una paura esagerata della
lunghezza, specialmente se la celebrazione
comporta l'amministrazione dei
battesimi.
La Veglia si svolge in
questo modo: dopo una breve liturgia della
luce , l'assemblea medita le "meraviglie"
che il Signore ha compiuto per il suo
popolo fin dall'inizio e confida nella sua
parola e nella sua promessa (liturgia
della Parola), fino al momento in cui,
avvicinandosi il giorno della
risurrezione, con i suoi membri rigenerati
dal Battesimo (liturgia battesimale),
viene invitata alla mensa, che il Signore
ha preparato al suo popolo (liturgia
eucaristica).
NOTE
PASTORALI. Nel corso della liturgia
della Parola, si utilizzi la grande
ricchezza offerta dal lezionario. Le
letture e i canti possono essere
presentati e spiegati con opportune
didascalie. I lettori devono avere
coscienza di essere strumenti vivi
della Parola di Dio e che la
proclamazione della Parola ha
un'efficacia trasformatrice per tutti
coloro che aprono il loro cuore ad
accoglierla con fede. L'omelia
metterà in evidenza il senso
generale della liturgia pasquale come
attualizzazione del mistero. Come
l'eucarestia è il punto
culminante della veglia pasquale,
così il battesimo ne è il
centro: una veglia pasquale senza
celebrazione battesimale rimane
lacunosa.
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4 - Il triduo pasquale
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a) Il significato
I tre giorni che vanno
dalla sera del giovedì santo alla
sera della domenica di Pasqua (cf Cal.
Rom. 19) costituiscono il triduo "della
morte sepoltura e risurrezione" del
Signore .
Agli inizi, il
venerdì e il sabato sono stati
caratterizzati dal digiuno e la domenica
dalla gioia, senza però che ci
siano state delle celebrazioni liturgiche
oltre quella della veglia pasquale nella
notte fra il sabato e la domenica. In
questo senso non si può dire che il
triduo pasquale sia una estensione della
veglia pasquale. Eso costituisce piuttosto
un qualche cosa di presupposto
affinchè questa possa assumere
tutta la pienezza del suo significato. La
notte pasquale è il passaggio dal
digiuno alla gioia, come è stata il
passaggio, per Cristo, dalla morte alla
vita.
Con il digiuno
si partecipa alla passione e morte di
Cristo; con la gioia si è uniti
alla sua risurrezione. Nel secondo
secolo si riteneva il digiuno
precedente la veglia pasquale
così essenziale per la
celebrazione della pasqua che i termini
"digiunare" e "celebrare la pasqua"
sono stati usati come sinonimi. Anche
la costituzione conciliare sulla
liturgia (S.C. 110) insiste
sull'importanza di questo
digiuno.
Le altre celebrazioni
del triduo pasquale hanno iniziato ad
evolversi separatamente, quando,
soprattutto sotto l'influsso dei
pellegrinaggi fatti a Gerusalemme, si
è cominciato a distinguere i vari
momenti storici del grande avvenimento
pasquale. Nacquero così le
celebrazioni eucaristiche del
giovedì santo e della domenica e la
liturgia non-eucaristica del
venerdì santo. E' a questo punto
che si può davvero parlare di
estensione (per anticipazione e per
prolungamento) della liturgia della notte
pasquale.
Il
venerdì e il sabato sono rimasti
senza eucaristia, probabilmente per due
ragioni storiche:
1) Quando la
celebrazione della Pasqua si venne
organizzando, non esisteva ancora la
consuetudine di celebrare l'eucarestia
nei giorni feriali; e la tradizione di
questi giorni liturgici è stata
fissata in tempi molto antichi.
2) La coscienza del
valore speciale del digiuno in questi
due giorni si è mantenuta a
lungo, anche dopo l'introduzione della
quaresima. E questo digiuno era un
digiuno completo in partecipazione alla
sofferenza di Cristo, mentre
l'eucarestia comporta di per sè
gioia e termine del digiuno. Questi
motivi hanno portato alla preservazione
dell'usanza primitiva e l'eucarestia
della veglia pasquale è tanto
quella del venerdì come del
sabato.
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b) Pastorale
liturgica
La catechesi del triduo
pasquale deve metterne in evidenza
l'intima unità culminante nella
veglia. Il venerdì e il sabato
dovrebbero essere, nella misura del
possibile, giorni di digiuno, di
raccoglimento e di preghiera (cf Cal. Rom.
20).
L'eucaristia del
giovedì santo, che ha come tema
centrale l'istituzione del mistero
eucaristico stesso e il gesto di
Gesù che lava i piedi dei suoi
discepoli, visti sullo sfondo del
tradimento e della agonia, è una
celebrazione di per se stessa orientata
alla consumazione del mistero pasquale ed
atta ad introdurre i fedeli alla sua
celebrazione. Segue, al termine,
l'adorazione del Santissimo Sacramento,
dove deve essere favorita la meditazione
silenziosa.
La celebrazione
non-eucaristica del venerdì
(liturgia della Parola, venerazione della
croce e comunione) ha come scopo di far
penetrare più profondamente nella
meditazione e nella partecipazione del
mistero pasquale e di preparare alla
veglia.
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