I SIMBOLI
DELLA PASQUA
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1 - Dai segni
alla realtà significata
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2 - Il
fuoco
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3 - Il cero
pasquale acceso e la luce
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4 -
L'acqua
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5 - Dai segni
alla liturgia della vita
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1 - Dai segni alla realtà
significata
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La cinquantina che va
dalla Risurrezione di Cristo alla
Pentecoste è il tempo del Signore
Risorto e dello Spirito Santo. I
catecumeni che divengono nella notte di
Pasqua fedeli a pieno titolo con il
Battesimo, non ricevono più
l'istruzione catechistica ma la
mistagogia, catechesi mistagogica, in
quanto sono ormai iniziati al Mistero di
Gesù Cristo, morto e Risorto.
I nostri adulti che hanno riscoperto nella
notte di Pasqua il valore del loro
Battesimo, simpegnano a vivere una
vita nuova in Cristo. La conversione
è dono di Dio, l'uomo è
chiamato a rispondere e collaborare ogni
giorno, perché è un
"rinnovato" che sempre si rinnova.
L'uomo, credente adulto nella fede, deve
sì avere entusiasmo e slancio
religioso, ma questi devono emergere dal
mistero di Gesù Cristo, il Risorto
di cui egli è testimone,
dall'approfondimento della Parola, dai
Sacramenti, dalla Liturgia che diventa
vita, dalla ferialità del mistero
di Cristo nella nostra storia
quotidiana.
Ora, la stessa liturgia essendo culmine e
fonte (SC 10), ha bisogno sia di una
preparazione catechetica che di una
prosecuzione mistagogica. Volendo
presentare la realtà del tempo
pasquale, tempo fortemente battesimale,
secondo una prospettiva
catechetico-mistagogica, è
opportuno partire dai segni per
risalire alla realtà da essi
significata.
Secondo il Rinnovamento della
catechesi (RdC), infatti, i
segni vanno utilizzati con questi
accorgimenti:
- Devono lasciar
trasparire la realtà divina che
in essi si esprime e si comunica
all'uomo;
- devono essere
traduzione-attuazione della gloria
divina per l'uomo;
- ciò che
conta non è tanto il loro
"simbolismo naturale" quanto piuttosto
la verità di salvezza che esso
evoca e misticamente
realizza;
- la pedagogia del
segno esige che esso renda familiare il
passaggio dai segni visibili agli
invisibili misteri;
- si eviterà
un duplice rischio: parlare dei segni
senza riferimento al mistero,
presentare il mistero senza riferimento
ai segni (RdC
32,78,115,175.).
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2 - Il fuoco
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Nella notte di Pasqua,
nella solenne Veglia, la celebrazione si
arricchisce in modo evidente del
simbolismo del fuoco. Il braciere, che
arde fuori della chiesa e da cui si
accende il cero, attrae l'attenzione dei
fedeli in questo primo momento che prepara
la celebrazione pasquale. Il trionfo della
luce sulle tenebre, del calore sul freddo,
della vita sulla morte (mistero poi
solennemente proclamato da letture e
azioni sacramentali della più
solenne tra le notti) è già
sinteticamente espresso in questo concreto
linguaggio del fuoco nuovo, intorno al
quale si riunisce la comunità.
Seguirà la processione con il grido
gioioso: "La luce di Cristo", e la luce si
comunicherà progressivamente ad
ogni partecipante. La preghiera del
Messale Romano che accompagna la
benedizione del fuoco, ci appare piuttosto
espressiva: "O Padre, che per mezzo del
tuo Figlio ci hai comunicato la fiamma
viva della tua gloria, benedici questo
fuoco nuovo, fa che le feste pasquali
accendano in noi il desiderio del cielo, e
ci guidino, rinnovati nello spirito, alla
festa dello splendore eterno".
Il fuoco è presente, nella
liturgia, anche in altre occasioni o
realtà: nelle lampade e nei ceri
accesi durante la celebrazione o davanti
al tabernacolo. Qui, oltre al simbolismo
della luce, vi ritroviamo la misteriosa
realtà del fuoco: la fiamma che si
consuma lentamente mentre illumina,
abbellisce e riscalda, dando senso poetico
e familiare alla celebrazione. Altra
solenne occasione, sebbene meno
conosciuta, è il rito della
Dedicazione della chiesa. Si accende il
fuoco in un braciere che è posto
sull'altare e vi si brucia l'incenso. Su
quella mensa sta per rinnovarsi il
memoriale del sacrificio di Cristo.
Nell'Antico Testamento era il fuoco a
consumare i sacrifici; ora sinvoca
in qualche modo la forza santificatrice di
Dio sul nostro sacrificio. Il fuoco,
comè detto chiaramente dal
canto del "Veni Creator", è lo
Spirito Santo, invocato in ogni Eucaristia
sui doni del pane e del vino per operare
la loro misteriosa trasformazione nel
Corpo e nel Sangue di Cristo. Il fuoco
è il simbolo del sacrificio di
Cristo e del potere santificante di Dio,
che prende possesso dell'altare e di
ciò che su di esso sarà
celebrato.
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3 - Il cero pasquale acceso e la luce
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Nell'anno liturgico, se
esiste una celebrazione il cui inizio
è un vero gioco simbolico di luce,
questa è la Veglia pasquale. Il
popolo, riunito nell'oscurità,
così come abbiamo già
commentato, vede la nascita del fuoco
nuovo da cui si accende il cero pasquale,
simbolo di Cristo.
Il cero pasquale, infatti, è il
segno del Cristo risorto luce vera del
modo che illumina ogni uomo; è la
luce della vita che impedisce di camminare
nelle tenebre. è il segno della
vita nuova in Cristo che, strappandoci
dalle tenebre, ci ha trasferito con i
santi nel regno della luce; Cristo
brillò su di noi che eravamo
tenebre, ma ora siamo luce nel Signore (Ef
5,14). è il segno che ci permette
di vivere come figli della luce (Ef 5,8),
di rigettare le opere delle tenebre (Rm
13,12), di restare in comunione con Dio (1
Gv 1,5), di conservare l'amore con i
fratelli (1 Gv 2,8-11). è anche
segno di fedeltà a Dio e vigilanza
nella preghiera e nell'attesa.
Dietro questo cero acceso cammina
processionalmente la comunità
cantando per tre volte un grido di
giubilo. Ogni volta si accendono le
candele: i cristiani restano contagiati
dalla luce di Cristo, che incarna il
simbolismo, e questa si espande sempre di
più. Infine il cantore del preconio
pasquale (diacono possibilmente) intona le
lodi della beata notte, illuminata dalla
luce di Cristo. Non sono necessarie molte
spiegazioni del simbolismo della luce in
questa Veglia. La sua intenzione è
evidente, tanto da contagiare e avvolgere
i credenti, comunicando loro con la sua
forza espressiva l'entusiasmo del mistero
celebrato: "Questa notte fonte di luce
·sconfigge il male, lava le colpe,
restituisce la gioia agli
afflitti·".
Durante i cinquanta giorni di Pasqua, in
tutte le celebrazioni accendiamo il cero
pasquale come in altri momenti diamo
grande importanza al simbolismo della
luce.
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4 - L'acqua
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L'acqua è
davvero una realtà polivalente:
disseta, pulisce e purifica, ci rinfresca
nei giorni di calura; è fonte di
vita per i campi e dà origine alla
forza idraulica. Nella liturgia della
solenne notte e in altri riti liturgico
sacramentali essa assume significato come
acqua che purifica; segno di Cristo, acqua
viva che spegne ogni sete e simbolo di
vita e di morte. Tralasciando tutti gli
altri riti, nella Veglia pasquale, la
notte battesimale per eccellenza, l'acqua,
come linguaggio simbolico, raggiunge
l'apice di solennità e di
significato.
Anche quando non ci sono battesimi, in
quella notte in tutte le comunità
cristiane si commemora il Battesimo,
sacramento per mezzo del quale siamo
radicalmente assunti e incorporati alla
pasqua di Cristo, passaggio dalla morte
alla vita. Le altre domeniche sono come il
prolungamento e rinnovazione settimanale
della domenica per eccellenza, la festa di
Pasqua.
Il simbolo dell'acqua lo terremo presente
innanzitutto per il sacramento del
Battesimo (immersione o infusione). Poi si
rivive tale ricordo battesimale
attraverso: l'aspersione all'inizio della
Messa domenicale (soprattutto nella
cinquantina pasquale), il gesto di
prendere l'acqua benedetta entrando in
chiesa, le varie benedizioni in cui si
asperge con l'acqua benedetta, il rito
della Dedicazione della Chiesa dove si
asperge il popolo e le pareti del tempio.
l'aspersione dell'acqua è proposta
più volte come gesto facoltativo
anche nell'unzione degli infermi ed,
infine, anche nella celebrazione delle
Esequie.
l'acqua, per noi cristiani, è un
simbolo daffetto con il quale Dio ha
voluto purificarci, appagare la nostra
sete e farci rinascere nel mistero della
pasqua di Cristo.
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5 - Dai segni alla liturgia della
vita
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Abbiamo scelto solo
alcuni dei segni della Pasqua. Dai segni
che esprimono il linguaggio del mistero,
bisognerà passare ai segni della
vita. I cristiani, infatti, devono
annunciare Cristo, qui e ora, con la loro
vita e non con tante parole, solo
così la fede diventa creativa,
personalizzata, illuminante.
La maturità del cristiano si
manifesta con l'attenzione alla storia e
alla cultura, nelle quali è
chiamato a far rivivere Cristo mediante la
sua imitazione (il "per me il vivere
è Cristo" di San Paolo) in
maniera originale ed unica, mediante una
spiritualità feriale e metodica (il
quotidiano). Allora i Sacramenti e la
Parola diventano fonti di passione, di
gioia e di slancio missionario.
I cristiani diventano i "segni" che
il Signore tramanda nella storia mediante
i suoi discepoli testimoni. I testimoni
dogni tempo si riconoscono dai
frutti dello Spirito: carità,
gioia, pace, pazienza, benignità,
bontà, fedeltà, dolcezza,
temperanza.
Come Gesù con i discepoli di
Emmaus, anche noi siamo chiamati ad
annunciare il Kerigma contro
l'antievangelo dei discepoli disperati,
purificandoli con il fuoco del sacrificio
di Cristo, illuminandoli con la luce della
sua Risurrezione, immergendoli in Cristo,
acqua che zampilla per la vita eterna, e
sostenendoli nella fede del Signore
Risorto che rimane con noi fino alla fine
dei tempi.
(da
Alleluja.net)
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